Natale è una festa da passare CON, con i figli, con i genitori, con fratelli e sorelle. Per le
persone detenute invece il Natale è SENZA, senza i figli, senza i genitori, senza fratelli e
sorelle. Quei figli, quei genitori, quei fratelli e quelle sorelle preparano ogni Natale un posto a
tavola, destinato a rimanere vuoto.
I testi che seguono sono pezzi di vita poco natalizi, storie di Natale tristi: noi li dedichiamo prima
di tutto a chi potrebbe fare qualcosa per cambiare le condizioni di vita delle persone detenute, e in
particolare i loro rapporti con la famiglia.
Li dedichiamo al nostro Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, perché nel suo discorso
di fine anno si ricordi delle famiglie più maltrattate, quelle delle persone detenute, che pagano
colpe non loro.
Li dedichiamo al ministro della Giustizia, Carlo Nordio, e ai sottosegretari che si occupano
delle carceri.
Li dedichiamo al Capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, Giovanni Russo,
alla Vice Capo Lina Di Domenico e al nuovo Direttore della Direzione Generale Detenuti e
Trattamento, Ernesto Napolillo, al Capo del Dipartimento della Giustizia Minorile e Di
Comunità, Antonio Sangermano.
Li dedichiamo a tutti i parlamentari: a quelli che si sono detti disponibili a fare una nuova legge
per liberalizzare le telefonate e permettere colloqui riservati senza controllo visivo per le persone
detenute e le loro famiglie, ma anche a quelli che non si sono interessati di questo problema, ma
possono farlo, e siamo sicuri che lo faranno perché le famiglie delle persone detenute sono
INNOCENTI, e meritano un altro trattamento. E perché la Corte Costituzionale ci ha detto che le
persone detenute hanno DIRITTO ai colloqui intimi, e noi speriamo che le nostre Istituzioni diano
l’esempio di come si devono rispettare le leggi e la Costituzione, SEMPRE.
Li dedichiamo a operatori, magistrati, volontari, e a tutti coloro che possono fare qualcosa per
rendere la vita in carcere meno disperata. Perché è assurdo discutere di un suicidio in più o uno in
meno, si deve solo fare tutto il possibile per prevenire questi disastri.
E per finire, li dedichiamo a Papa Francesco, perché siamo sicuri che, se ha avuto il coraggio di
dire che l’ergastolo è “una pena di morte nascosta”, avrà senz’altro anche il coraggio di difendere
le famiglie delle persone detenute, e in particolare le famiglie degli ergastolani.
Siamo sicuri che con il nuovo anno tante persone si uniranno a noi per chiedere più umanità nei
rapporti delle persone detenute con i loro cari.
Molti già l’hanno fatto, e vogliamo ringraziarli di cuore, e ringraziare tutte le persone detenute che
hanno deciso di affiancarsi a noi, raccogliendo firme, scrivendo le loro testimonianze,
coinvolgendo le loro famiglie. Il modo migliore per sentirsi tutti un po’ meno soli.
La redazione di Ristretti Orizzonti – Casa di reclusione di Padova