A Leda Colombini, dieci anni dalla scomparsa

“La tua creatura alla quale hai dato il nome più bello: “A Roma insieme” mi ha permesso di conoscere realtà piene di speranze, di voglia di vivere e di riscatto sociale. Uno dei più bei ricordi è quello di quando siete venuti tutti, accompagnatori e bambini, a pranzo per Natale, qui a casa mia. Avevo cucinato la polenta perché sapevo che ti piaceva tanto! L’allegria era il suo contorno. Questa è la forza dell’Associazione che ha dato, dà e darà sempre energia di cui ognuno/a di noi ha estremo bisogno. 

Grazie Leda”  . Misa Chiavari

A Leda Colombini, a dieci anni dalla tua scomparsa, il tuo ricordo continua a vivere dentro il nostro impegno.

Affinché nessun bambino varchi la soglia di un carcere.

Le volontarie e i volontari di A Roma Insieme

Roma, 6 dicembre 2021

 

Tante Piccole Scintille

Tante piccole scintille che, unendosi, hanno creato un fuoco che tutt’ora rimane accesso.

⇒ di Laura Rissone ≈ Gli Altri Siamo Noi

“Gli altri siamo noi” prosegue il suo viaggio tra le piccole associazioni e cooperative solidali che operano nella nostra penisola, questo mese è la volta di A Roma Insieme – Leda Colombini dalla “voce” della volontaria Marica Fantauzzi, ringrazio la presidente Giovanna Longo per la cortese collaborazione.

Qual è stata la “scintilla” che ha portato alla fondazione della vostra associazione e quali sono i suoi fini principali? Quale sia stata la scintilla che ha fatto nascere “A Roma Insieme-Leda Colombini” nel 1992 è difficile dirlo. Ripensando al passato, vengono in mente tante piccole scintille che, unendosi, hanno creato un fuoco che tutt’ora rimane acceso. Chi si accorse per prima di queste scintille fu Leda Colombini, bracciante, partigiana e parlamentare della Repubblica. Mise insieme una piccola squadra di persone, tra volontari e operatori e fondò un’associazione per combattere l’ingiustizia dei bambini reclusi con le loro madri. Questa battaglia, negli anni, si è allargata sino a includere la difesa dei diritti fondamentali dei bambini, delle madri e delle loro famiglie, dentro e fuori le carceri del Lazio.

La rubrica “gli altri siamo noi” va alla ricerca delle piccole realtà sociali e solidali della penisola, essere “piccoli”  – e quindi con un raggio d’azione in un territorio circoscritto – comporta vantaggi o svantaggi? A Roma Insieme è una piccola realtà associativa e in quanto tale, ha meno risorse di enti no–profit che lavorano su scala nazionale, ma a fronte di trent’anni di attività, ha saputo muoversi e condensare le energie che aveva a disposizione. Ci sono volontari che hanno accompagnato l’associazione sin dalla sua nascita, altri che sono rimasti per poco, altri che si affacciano ora. Essere piccoli in un mondo di grandi, anche all’interno del carcere, ha fatto sì che il sostegno avvenisse sempre in maniera diretta, mantenendo costante il rapporto di fiducia con i bambini e le loro famiglie.

Quale progetto e/o attività può essere definito il vostro “fiore all’occhiello” e quale sperate di tirar fuori un giorno dal cassetto? In questi anni le principali attività sono avvenute all’interno del carcere di Rebibbia e all’interno di Regina Coeli. I sabati di libertà sono dei giorni dedicati interamente al bambino, in cui la madre detenuta affida il proprio figlio ai volontari che, dalla mattina alla sera, lo portano fuori dal carcere.

L’associazione ha sempre tenuto presente quanto la genitorialità all’interno del carcere fosse difficile da portare avanti, motivo per cui ha attivato laboratori di musicoterapia e arteterapia che avevano l’obiettivo di rafforzare il legame madre – figlio, anche se in un luogo di privazione delle libertà.

 

I continui colloqui con le detenute, i corsi di falegnameria sociale, i laboratori di formazione con professionisti di diversi settori, le feste di compleanno, Natale e della Befana, sono tutte istantanee di una storia lunga, fatta di estremo dolore ma anche di estrema gioia. Creare un ponte che fosse abbastanza solido da sostenere ogni storia e abbastanza trasparente da poter collegare il mondo di fuori con il mondo di dentro, è sempre stato il tentativo.

Avendo appurato quante difficoltà affrontano le donne recluse, anche una volta uscite dal circuito penitenziario, in futuro c’è l’idea di creare una casa di accoglienza dedicata interamente a loro. Si spera un giorno di poterle sostenere, in maniera sempre più strutturata, nel loro cammino verso la libertà.

In base alla vostra esperienza, la vita delle associazioni nel nostro paese è sostenuta oppure ci sono delle difficoltà che ne impediscono la crescita e in alcuni casi la sopravvivenza? In questi mesi, in Parlamento, è stata depositata una proposta di legge (Legge Siani) per far sì che le madri recluse con i propri figli possano scontare la pena al di fuori delle mura del carcere, accolte in case-famiglia. Non è dato sapere quando le istituzioni decideranno di porre fine a queste e altre ingiustizie che avvengono all’interno dei penitenziari italiani. In attesa che questo avvenga, quello che possiamo fare, anche se a fatica e col fiatone, è “continuare in ciò che è giusto”.
La pandemia sanitaria e le conseguenti restrizioni, quanto hanno influito sulle vostre attività, e come siete riusciti a proseguire? Durante la pandemia l’ingresso al carcere è stato fortemente limitato, sia per i familiari dei detenuti, sia per i volontari. Questo ha portato l’associazione a orientare la propria attività verso le famiglie delle detenute, partendo dalla raccolta dei pacchi alimentari, sino all’orientamento legale per accedere ai buoni spesa e alle graduatorie per le case popolari.
In conclusione, ci chiedete di porvi una domanda, che vi rigiriamo: qual è stata la vostra scintilla? Rispondo volentieri alla vostra domanda con le parole di Giuseppe Rissone, uno dei fondatori di questo progetto: Sono davanti a una grossa pedana con le ruote, a fianco pile di libri da disporre, non a caso, ma con criterio, nello specifico un’esposizione delle ultime novità librarie. Il collega con cui devo eseguire questo lavoro inizia a collocare i volumi con frenesia, senza calcolare gli spazi e le grandezze, cerco di fermarlo, come risposta ricevo un secco: datti una mossa… Conclusione, la fretta ha raddoppiato il tempo di esecuzione, il primo tentativo di sistemazione a tempo di record fallisce, si deve rifare tutto… Sono tornato a casa con una dose di rabbia indescrivibile, per sfogarla ho acceso il pc e aperto un blog, il nome non poteva che richiamare il tanto amato animaletto – per diversi anni ho lavorato come educatore al Centro Ragazzi Il Bradipo di Torino – ed ecco in pochi minuti sbarcare sul web bradipodiario, era l’8 novembre del 2008…

Audizione di “A Roma, Insieme – Leda Colombini“, presso la Commisione Giustizia della Camera dei Deputati, Mercoledi 10 Marzo 2021, ore 15 .

Da parte dell’Associazione ”A Roma, Insieme – Leda Colombini“ il ringraziamento al Presidente della Commisione Giustizia della Camera e ai suoi membri per aver consentito questa audizione informale. Non è un ringraziamento di maniera.
Un dato fondante della nostra storia quasi trentennale di Associazione di volontariato operante nel mondo carcerario che vede reclusi madri e bambini è stato, e rimane, quello di un rapporto costante con le istituzioni legislative e con il Parlamento.

Nella non breve esperienza dei nostri rapporti con le assemblee legislative, sullo specifico tema della tutela delle relazioni tra detenute madri e figli minori, abbiamo misurato il valore del confronto nella piena consapevolezza della reciproca autonomia dei ruoli e delle funzioni.

Non c’è dubbio che qui parliamo del grado del riconoscimento dell’interesse superiore del bambino, della tutela prioritaria del diritto all’affettivita, e dell’umanizzazione della pena. Al fondo vi sono ragioni, non semplicemente umanitarie, per cui nessun bambino debba vivere i suoi primi anni di vita chiuso dentro una cella.

Era più che maturo il momento cui risale la presentazione della proposta di legge dell’ On. Siani ed altri, con cui si prevede la revisione della legge 62, risalente a 10 anni fa.
Dalla data di presentazione della proposta Siani sono già trascorsi 15 mesi, e quindi rinnoviamo l’auspicio che la Camera dei Deputati proceda all’esame del testo e decida in tempi congrui.

Non è fondato il dato in base al quale nel corso di questi ultimi 10 anni la detenzione di madri e bambini, tra carceri e Istituti Custodia Attenuata Madri (ICAM) si sia drasticamente ridotta e che la tendenza incontrovertibile sia ormai quella di una prossima e definitiva cancellazione del fenomeno. E’ risultata erronea la previsione in base alla quale, per effetto della pandemia e della attuazione del Decreto Emergenza Carceri della primavera 2020, si sarebbe cancellato il fenomeno delle madri e dei bambini in carcere (nel marzo del 2020 I bambini ospiti erano 1, e la notizia ebbe relievo sulla stampa Nazionale). Infatti negli ultimi 6-8 mesi i numeri sono tornati a crescere, a partire dal Nido di Rebibbia. Al 28 febbraio u.s., le madri detenute con i loro bambini erano 30 (Fonte Bollettino del Dipartimento Amministrazione Penitenziaria – DAP). Alla stessa data presso il Nido femminile di Rebibbia vi erano 5 madri e 6 bambini.
Questa è la situazione attuale.

Pesa oggi fortemente la limitazione della facoltà di acceso delle volontarie e dei volontari al Nido e alle aree verdi di Rebibbia per effetto delle misure anti coronavirus.

Rimando alle soventi e anche recenti raccomandazioni e segnalazioni da parte del Garante Regionale del Lazio, Stefano Anastasia e della Garante del Comune di Roma, Gabriella Stramaccioni, che hanno ad oggetto il controllo e il contenimento dei rischi di contagio da Sars-Cov2 per il personale e per i/le detenuti/e .
Il percorso quasi decennale di attuazione della legge numero 62 è risultato quanto meno contraddittorio ed accidentato.
A provarlo sono le non poche pronunce e i puntuali interventi sia da parte della Corte Costituzionale sia da parte della Corte di Cassazione.

Mi limito qui a richiamare la sentenza della Corte Costituzionale numero 187 del 18 luglio 2019. Con essa si dichiara costituzionalmente illegittima la norma dell’ordinamento penitenziario che vieta per la durata di tre anni la detenzione domiciliare speciale per il genitore condannato nei cui confronti sia stata disposta la revoca di una delle misure alternative. Tale sentenza ha un particolare rilievo per l’intensità con cui essa prende in considerazione l’interesse superiore del bambino di età inferiore ai 10 anni.

Una ragione non secondaria che spinge la nostra Associazione a sostenere la proposta di legge firmata dall’On. Siani ed altri, è proprio il modo articolato e concreto con cui le proposte di modifica mirano tutte a tutelare e realizzare l’interesse superiore del bambino nella ricerca e nel raggiungimento del complesso equilibrio tra diritti del bambino-affettività-legge penale-sicurezza.

Il testo della relazione che accompagna la proposta di legge Siani è chiaro circa la valutazione degli ICAM che “per la loro stessa natura mantengono una connotazione tipicamente detentiva”.

Proprio questo tipo di indicazione legislativa, accompagnata da una intelligente funzione del Magistrato di sorveglianza, è in grado di realizzare la migliore condizione perchè il carcere sia veramente fuori dalla prospettiva di vita di ogni bambino.
Per anni si è discusso di realizzare e persino di completare lavori di insediamento di un ICAM in un area strettamente congiunta all’Istituto penitenziario di Rebibbia.

A questo riguardo l’Associazione, con Leda Colombini ancora vivente, non ha mai nascosto una ferma contrarietà all’ICAM attraverso prese di posizione pubbliche e iniziative unitarie, tutte ampiamente motivate e non ideologiche.
Abbiamo invece motivato alternative credibili e realizzabili quali le Case Famiglia Protette.
Questo lo abbiamo sostenuto apertamente anche in momenti in cui la cultura e la spinta carcerocentrica e securitaria apparivano ridurre ai margini le speranze e le attese per una stagione di riforme di umanizzazione della pena e di una giustizia improntata a veri valori di difesa della dignità della persona.
Qui tocco il terzo nodo della proposta Siani che per noi è un punto importante e di svolta: l’apertura e la scelta netta a favore delle Case Famiglia Protette.

A tale riguardo la scelta della legge n. 62 era risultata miope, timida e contraddittoria. E via via la praticabilità delle Case Famiglia protette si è dimostrata strada difficile e povera di risultati.
Il “senza oneri per lo Stato” esplicitamente sancito nella legge n. 62, rispetto agli obiettivi che pur si dichiaravano di voler realizzare, si è dimostrato un vero controsenso.

Nonostante questo, due isolatissime esperienze di Case Famiglia protette (Roma e Milano) hanno mostrato notevolissime potenzialità.

Una vera innovazione è contenuta nel comma 322 dell’ultima legge di Bilancio 2021-23 che istituisce per i tre anni un apposito fondo di 4.5 Milioni di Euro per la predisposizione delle Case Famiglia protette e di Case Alloggio.
In occasione della presente audizione vogliamo esprimere l’auspicio sincero e manifestare il nostro impegno concreto affinchè l’attuazione di quanto stabilito con legge di Bilancio abbia pronta e piena attuazione. A partire dall’indicato Decreto del Ministro di Giustizia da adottarsi di concerto con il Ministro dell’Economia e sentita la Conferenza unificata. Secondo quanto stabilito dalla Legge di Bilancio tale decreto doveva essere emanato entro 2 mesi.
Siamo molto interessati ad essere informati di come procede l’attuazione di quanto disposto a riguardo dalla Legge di Bilancio approvata a fine Dicembre 2020.

Nel rispetto delle funzioni e delle distinzioni dei ruoli come Associazione di volontariato intendiamo conoscere e dare il nostro contributo in riferimento ai contenuti del Decreto.
Ci interessa in particolare la determinazione dei criteri di ripartizione delle risorse (oggettivamente limitate) che vedano la prioritaria assegnazione dei fondi per la costituzione di Case Famiglia protette in modo da garantire la massima tutela del rapporto tra detenute madri e figli minori. Garanzia data proprio dalla loro natura che assicura l’esecutività della pena all’interno di una dimensione costituita da un numero ridotto di madri con i loro bambini e quindi certamente più idonea allo sviluppo psicofisico del minore. Nella stessa normativa di legge di Bilancio, si fa riferimento anche ai requisiti delle Case Famiglia protette, richiamando il DM 8 marzo 2013 che doveva dare attuazione alla legge 62 del 2011.
Anche questo è un capitolo importante per dare corpo alla vera innovazione che la recentissima normativa prevede.
In questo modo unitamente ad una rapida trasformazione in legge della proposta Siani, da noi condivisa nel suo spirito e nei suoi specifici contenuti, potremmo dire che nel 2021 “a 10 anni” dalla legge 62, l’Italia finalmente raggiunga l’obiettivo: “nessun bambino varchi la soglia di un carcere”.

Gustavo Imbellone Roma, 10 Marzo 2021