Carissime amiche e carissimi amici di “A Roma, Insieme Leda Colombini ODV”.
Al fine di condividere con tutte e tutti voi, abbiamo deciso di pubblicare alcune toccanti lettere
scritte da persone detenute in occasione del Natale e rinvenute sulle pagine di Ristretti Orizzonti.
Pensiamo possano emozionare e far sentire una maggiore vicinanza tra chi è, fisicamente, separato
da spesse mura circondariali.
Natale è una festa da passare CON, con i figli, con i genitori, con fratelli e sorelle. Per le
persone detenute invece il Natale è SENZA, senza i figli, senza i genitori, senza fratelli e
sorelle. Quei figli, quei genitori, quei fratelli e quelle sorelle preparano ogni Natale un posto a
tavola, destinato a rimanere vuoto.
I testi che seguono sono pezzi di vita poco natalizi, storie di Natale tristi: noi li dedichiamo prima
di tutto a chi potrebbe fare qualcosa per cambiare le condizioni di vita delle persone detenute, e in
particolare i loro rapporti con la famiglia.
Li dedichiamo al nostro Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, perché nel suo discorso
di fine anno si ricordi delle famiglie più maltrattate, quelle delle persone detenute, che pagano
colpe non loro.
Li dedichiamo al ministro della Giustizia, Carlo Nordio, e ai sottosegretari che si occupano
delle carceri.
Li dedichiamo al Capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, Giovanni Russo,
alla Vice Capo Lina Di Domenico e al nuovo Direttore della Direzione Generale Detenuti e
Trattamento, Ernesto Napolillo, al Capo del Dipartimento della Giustizia Minorile e Di
Comunità, Antonio Sangermano.
Li dedichiamo a tutti i parlamentari: a quelli che si sono detti disponibili a fare una nuova legge
per liberalizzare le telefonate e permettere colloqui riservati senza controllo visivo per le persone
detenute e le loro famiglie, ma anche a quelli che non si sono interessati di questo problema, ma
possono farlo, e siamo sicuri che lo faranno perché le famiglie delle persone detenute sono
INNOCENTI, e meritano un altro trattamento. E perché la Corte Costituzionale ci ha detto che le
persone detenute hanno DIRITTO ai colloqui intimi, e noi speriamo che le nostre Istituzioni diano
l’esempio di come si devono rispettare le leggi e la Costituzione, SEMPRE.
Li dedichiamo a operatori, magistrati, volontari, e a tutti coloro che possono fare qualcosa per
rendere la vita in carcere meno disperata. Perché è assurdo discutere di un suicidio in più o uno in
meno, si deve solo fare tutto il possibile per prevenire questi disastri.
E per finire, li dedichiamo a Papa Francesco, perché siamo sicuri che, se ha avuto il coraggio di
dire che l’ergastolo è “una pena di morte nascosta”, avrà senz’altro anche il coraggio di difendere
le famiglie delle persone detenute, e in particolare le famiglie degli ergastolani.
Siamo sicuri che con il nuovo anno tante persone si uniranno a noi per chiedere più umanità nei
rapporti delle persone detenute con i loro cari.
Molti già l’hanno fatto, e vogliamo ringraziarli di cuore, e ringraziare tutte le persone detenute che
hanno deciso di affiancarsi a noi, raccogliendo firme, scrivendo le loro testimonianze,
coinvolgendo le loro famiglie. Il modo migliore per sentirsi tutti un po’ meno soli.
La redazione di Ristretti Orizzonti – Casa di reclusione di Padova
LETTERE DAL CARCERE
Quegli occhi accusatori di mio figlio
Per i miei cari faccio finta di stare bene, faccio finta di festeggiare il Natale, ma è tutta una
finzione e lo e anche il Natale per chi è detenuto.
Per motivi legati al carcere da 25 anni a questa parte non abbiamo riunito più la famiglia a Natale,
da 5 anni ho un bambino e ogni anno che cresce faccio sempre più fatica a giustificare la mia
assenza, e questo mi crea un gran senso di colpa. Quegli occhi accusatori di mio figlio, che
parlano, mi dicono “dove sei?” e non mi fanno dormire la notte ricordandomi della sua infanzia.In futuro non avrà mai un ricordo di un Natale passato con me. Mi tormenta il fatto che un giorno
avrò un suo giudizio negativo, spero che mi perdoni per avergli provocato delle mancanze e mi
impegno per riscattarmi in futuro. Perché il papà c’è e ti augura un buon Natale con tutto il suo
cuore.
Salvatore F.
Natale in carcere diventa il giorno più brutto dell’anno
Il mio sesto Natale in carcere. Il sesto Natale lontano dai miei figli Medison e Domenic. Mi
ricordo gli occhi di Medison l’ultimo Natale trascorso insieme. Aveva solo 9 anni e gli occhi pieni
di felicità mentre apriva il suo regalo. Era un giorno pieno di colori e di gioia. Lui era così piccolo
e sapere che adesso ha 15 anni mi rende molto triste. Ormai è un ragazzo, ma soprattutto è un
ragazzo cresciuto senza padre.
Per noi adesso il Natale non è più un giorno di gioia ma un giorno di malinconia. Di Domenic
invece che dire? Quell’ultimo Natale aveva 4 anni e oggi ne ha 9. Noi due non ci siamo vissuti mai
un vero Natale insieme, o almeno non a casa ma solo ai soliti colloqui in carcere. Racconto questo
perché credo sarebbe molto bello avere qui un posto riservato ai festeggiamenti del Natale in
famiglia, perché i nostri figli hanno il diritto di trascorrere questo giorno di festa con i loro padri.
Uno spazio in cui poter fare un pranzo, scartare i regali e stare vicini ai nostri affetti. Invece questo
non è possibile e Natale ogni anno qui dentro diventa il giorno più brutto dell’anno.
Jody G.
Sono 32 Natali che ti aspetto, papà
Sono Francesca, la figlia di un detenuto condannato all’ergastolo e da 33 anni aspetto che ritorni a
casa, non nascondo che purtroppo ho perso le speranze.
Quando mio padre è stato arrestato io avevo solo 15 mesi, non mi ricordo mio padre a casa perché
ero troppo piccola, ora sono mamma e desideravo tanto che almeno adesso potesse tornare a casa
per poter far il nonno, visto che il papà non l’ha potuto fare, desideravo tanto che tutto quello che
ha perso come padre potesse recuperarlo con i miei figli.
Questo dovrebbe essere il periodo più bello dell’anno, ma purtroppo per me e per tutti i figli dei
detenuti, a dicembre oltre alle luci, i colori e soprattutto i regali c’è dietro tanta tristezza,
sofferenza e mancanza, quella mancanza che si sente ancora di più allo scoccare della mezzanotte
del primo dell’anno, quando tutti si abbracciano e si fanno gli auguri per un nuovo anno, io oltre a
non poterlo abbracciare e augurargli buon anno dico tra me e me “è un altro anno che se ne va
senza di te, mio caro papà.
Sono 32 Natali che ti aspetto, papà, pensavamo di avercela fatta due anni fa con quei pochi
permessi che ti avevano dato, e invece ci hanno illuso perché purtroppo ti hanno trasferito e poi
negato i permessi, tu ti sei sempre comportato bene in ogni permesso ed è proprio per questa
illusione e soprattutto delusione che mi sento vuota, mi sento più triste che mai perché penso che
piano piano, a un passo alla volta, potevamo recuperare almeno un minimo, ma invece siamo
tornati indietro, anzi peggio perché ti hanno trasferito in un carcere ancora più lontano e difficile
da raggiungere visto che è in un’isola, e proprio per questo ancora non conosci, perché non l’hai
mai incontrato in presenza, il mio piccolo Tommasino, il tuo ultimo nipotino. Aspettavo un
permesso per fartelo conoscere di presenza e invece te l’hanno negato e dovrò portartelo in
carcere, mi dispiace moltissimo soprattutto per te per la delusione che provi, perché avevi fatto un
percorso soprattutto di cambiamento e la cosa più bella è che eri cambiato davvero, mi dispiace per
l’ennesimo Natale che passi senza la tua famiglia, senza il calore dei tuoi amati nipotini, non so se
mai ci sarà l’occasione di passarlo insieme, purtroppo ho perso la speranza, ma come ogni anno io
sotto l’albero vorrei il mio regalo più prezioso che aspetto da tanto tempo ormai.
Francesca R.
È il trentatreesimo Natale che mi tocca passare in solitudine
Mi chiamo Antonio P. e sono un ergastolano in carcere dal settembre 1992.Anche quest’anno senza Natale e lontano degli affetti più cari. Sono trascorsi trentatré anni, anni
nei quali non conosco più cos’è il Santo Natale. Una volta il Natale era sentito da tutti, gli
emigranti facevano migliaia di chilometri per tornare al paese d’origine per trascorrere il Santo
Natale con i propri famigliari e amici d’infanzia.
In questi trentatré giorni di Natale trascorsi in questi luoghi capita che quando si avvicinano le
feste natalizie i ricordi affiorano e mi portano a quei Natali trascorsi assieme ai miei familiari, i
cenoni che si facevano la vigilia, anche se poveri e poco nutrienti, erano ricchi d’amore e d’affetto,
e finché durano questi ricordi mi sento felice e sto bene, poi quando i ricordi svaniscono appaiono
i fantasmi della notte che prendono possesso del mio corpo e si divertono a tormentarmi.
Quest’anno speravo di stare lontano dei fantasmi e trascorrere il Natale assieme ai miei familiari
fuori da questi posti, in quanto dopo 32 anni di carcere, da marzo avevo iniziato ad usufruire dei
benefici penitenziari, cioè dei permessi premio. Dopo aver fatto nove permessi premio e
nell’avvicinarsi del Santo Natale questo spiraglio di luce, che si era acceso, con un piccolo soffio
di vento si è spento, spariti ogni speranza e ogni progetto.
Ripeto, dopo aver beneficiato di nove permessi premio ho fatto la decima istanza di permesso ma
questa volta mi è stato negato. La motivazione è perché in questi giorni un mio figlio è stato
arrestato, ma io cosa c’entro? la legge dice che la responsabilità è personale, perché devo pagare
colpe non mie? pertanto anche questo Natale mi tocca passarlo in solitudine per cose a me ignote.
Purtroppo non c’è da farsi meraviglia, viviamo in un Paese dove le leggi, quando sono a discapito
del detenuto, anche se è estraneo ai fatti vengono applicate con grande rapidità, mentre invece
quando si tratta di applicare un diritto ai carcerati si trovano spesso mille scuse per non applicarlo,
un esempio è la sentenza della Corte Costituzionale sui colloqui intimi, che è stata pubblicata quasi
un anno fa e ancora non viene applicata. Nel frattempo a me hanno vietato il Natale.
Antonio P.
Natale in carcere, spinoso fuori e malinconicamente dolcissimo al suo interno
Alla domanda su com’è il Natale in carcere risponderei che è per me simile ad un frutto, il
ficodindia, spinoso fuori e malinconicamente dolcissimo al suo interno.
Mi chiamo Santo, sono in carcere da oltre 32 anni, e se non fosse per una data, quella del mio
arresto, non saprei più contare quanti Natali sono passati da allora.
Quello che mi ricordo bene è, che sono stati, e saranno, tutti uguali: carichi di tristezza con tanto
contorno di malinconia, e per dessert, la voglia dio starsene a letto dalla vigilia fino al 7 gennaio.
Ma non si può, sarebbe egoistico da parte mia, principalmente nei confronti delle persone che amo,
e poi, anche per alcuni compagni di detenzione con i quali condivido quella quotidianità del qui
dentro, e che versano nelle mie medesime condizioni emotive.
Le festività natalizie si passano in una cella insieme, cercando di preparare del cibo “fac-simile” di
quello di casa, tipo: pasta al forno, ma cotta in un tegame sul fornelletto a gas, oppure della carne
impanata con contorno di patate al forno, sempre cotte in tegame e naturalmente senza forno. Poi
si improvvisa qualche dolce creato da noi con gli ingredienti che abbiamo disponibili “del tipo
consentito”, che alla fine non riesce mai ad addolcire quell’amaro che alberga in fondo al cuore di
ciascuno.
Ci basta guardarci negli occhi per riuscire a vedere il vero stato d’animo di ognuno.
Non manco mai, alla vigilia di Natale, di sperare in cuor mio che un giorno possa divenire realtà
quel sogno ad occhi aperti di poter trascorrere nuovamente un Natale in famiglia, con mia moglie,
i miei figli, e quei nipotini che, come i miei figli, ho visto crescere e abbracciati soltanto nelle
salette colloqui di ogni carcere che ho passato in tutti questi anni, tuttavia, auguro BUON
NATALE a tutti.
Santo B.
Non so cosa darei per trascorrere un Natale con tutta la mia famiglia
Il Natale preme alle porte da 33 anni che sono dentro, io ho trascorso 33 Natali qui dentro e ogni
anno è sempre molto toccante, perché sono festività che sono pesanti da passare in questi bruttiluoghi, ma quello che mi pesa di più è che ho quattro figli, ma con il più piccolo non ho mai
passato un Natale o una festa, perché quando sono stato tratto in arresto mio figlio è nato sei mesi
dopo. Per me è ogni volta sempre più pesante perché mi viene molta nostalgia e non so cosa darei
per trascorrere un Natale con tutta la mia famiglia, con figli moglie e i miei nipotini, sarebbe un
grandissimo Natale e penso il più bello della mia vita, spero che si avveri presto questo mio sogno.
Ignazio B.
Cerco di abbracciare con la voce mia moglie e mio figlio
Paradossalmente, mi chiamo proprio Natale, sono detenuto da circa 25 anni, e se dovessi
rispondere con una formula alla domanda sul Natale “dentro” direi “Malinconia per 2 elevata alla
quinta”, unito al forte desiderio di far passare quei giorni in un battito di ciglia! Ma non si può
modificare il tempo, a noi umani non è consentito poterlo fare, quindi, ogni anno si deve affrontare
questo mare di malinconia che ti pervade senza pietà, fino ad annichilire quella forza interiore e
quel “facciamo finta che questa sia vita…” che ci accompagna assiduamente nelle normali
giornate dell’anno.
In questo periodo, ci si alza comunque, cerco di fronteggiare quel giorno, quei giorni, iniziando a
pensare alla telefonata da fare a casa per abbracciare con la voce mia moglie, mio figlio, qualcuna
delle mie sorelle che si trovi lì per l’ occasione, Poi si cucina qualcosa di particolare, si porta
qualche fetta di panettone a qualche compagno con il quale ci si frequenta più che con altri, si
prende un caffè insieme, ci facciamo i conti del dolore unito e silenzioso che si prova per la
lontananza dalla famiglia cercando di carpire chi soffre più tra noi, ma ci accorgiamo che nessuno
“vince”, c’è una livella in tal senso che ci accomuna tutti, e tutti ci auguriamo che il prossimo
Natale possa essere trascorso tra l’abbraccio dei nostri cari. Troviamo altresì il tempo di pensare a
chi sta peggio di noi per un motivo o per un altro e immancabilmente ci si affida a questo Gesù
bambino che non si stanca mai di ricordare all’ umanità intera che è lui la speranza per gli uomini,
a prescindere delle condizioni in cui ci si trova.Mai perdere la speranza.
Natale Bonafede
Natale senza colore, senza calore
Le festività natalizie, nella nostra cultura, anche per chi non crede alla festa religiosa che il Natale
celebra nei propri riti, sono diventate sinonimo di famiglia, di calore umano, di festa,
spensieratezza e clima gioioso da trascorrere e condividere con le persone che si amano.
Ritrovarsi in carcere, ristretti senza la possibilità di allungare una carezza ai propri figli, senza il
calore delle luci che colorano i ritmi delle festività, senza il dolce tatto della propria compagna di
vita, rinchiusi in un ambiente angusto e grigio in compagnia di perfetti sconosciuti, anch’essi
attanagliati dalle tue stesse buie malinconie; senza colore, senza calore. Privati non solo della
libertà personale, ma anche di quella affettiva.
Non è Natale se non lo trascorri con i tuoi affetti. Se non assapori le emozioni che solo l’atmosfera
natalizia sa far scaturire, se non vivi l’emozione della condivisione con i tuoi cari. Un bacio dato e
ricevuto. Magari trascorrendo qualche ora lieta con la mamma e il fratello che vedi di rado. Un
pranzo in famiglia, tutti riuniti, anche solo a discutere di stupidaggini.
Mi assalgono un doloroso rammarico e una profonda nostalgia.
Natale senza la vicinanza delle persone che si amano è solo una triste ricorrenza segnata in rosso
sul calendario.
Questa è la prima volta che trascorro un Natale lontano dalla mia compagna e dai miei figli. Il solo
pensiero mi devasta. Non solo la nostalgia dei riti natalizi: l’apertura dei regali, pranzi e cene in
famiglia, rivedere affetti dopo mesi e poter condividere idee e riflessioni, ma anche la leggerezza
di pensiero che regala il clima natalizio: qualche giornata di festa in più del solito concede spazi di
spensieratezza che non si vivono in nessun altro periodo dell’anno. Anche la serenità e la libertà
mentale di trascorrere qualche ora in più in intimità con la mia dolcissima Roberta. Quest’anno mi
mancherà moltissimo anche questo, e mi mancherà soprattutto non poter approfittare del maggior
tempo libero e di un pizzico di allegra fantasia in più per concederci qualche ora solo per noi.Ormai da nove mesi sono lontano da casa. Mi manca il contatto fisico. Mi rattrista non poterla
accarezzare, lei mi manca davvero tanto. Natale senza lei non è Natale.
Andrea C.
Natale senza i miei cari è tanta tristezza
Mi chiamo Iulian e sto soffrendo tantissimo a passare anche questo Natale qui in carcere. Per me il
Natale in questo posto è soprattutto il dolore di stare senza la famiglia, mi mancano tutti i miei cari
tanto, troppo. Soprattutto mia madre, mio padre e mia sorella.
Il ricordo più bello è la grande tavolata dove tutti mangiamo insieme, e qui non è possibile.
Ricordo le tradizioni del mio paese, la Romania, i bambini vengono a recitare poesie e canzoni e in
cambio gli adulti danno piccoli regali, o dolci, oppure qualche soldino. Tutto questo calore nel
freddo della mia cella non lo posso trovare. Natale senza i miei cari è tanta tristezza.
Iulian M.
Un Natale amaro per tutta la famiglia
Per questioni di lavoro due, tre volte all’anno venivo alla Casa di reclusione di Padova per ritirare
il buono o ordine di servizio, dopo aver vinto la gara per la manutenzione antincendio e forniture
varie. Quello che mi colpiva di più era quante auto erano presenti nei parcheggi antistanti
l’ingresso.
Sembrava l’ingresso di una grande azienda più che di un carcere.
E pensavo cosa ci faceva tutta quella gente dentro un luogo molto distante dalle mie aspettative di
lavoro, mai e poi mai avrei immaginato un giorno di far parte di questo contesto.
Comunque il mio Natale era sempre molto sentito nella mia famiglia. Si cominciava con
l’addobbare in giardino i vari alberelli, poi si appendevano le ciocche sulla porta, e si cominciava a
mettere le luci attorno ai balconi, e si passava a fare l’albero con tutte le palline e le luci. Ricordo
che ogni giorno arrivava qualche dono da amici e parenti, poi da mia moglie per me per mio figlio
e per la nuora, ma più di tutti erano i regali per mia nipote Matilde.
La notte di Natale si andava a messa, si passava a bere una cioccolata per poi tornare a casa ad
aprire i regali, e lì cominciava una grandissima festa che finiva dopo il pranzo di Natale. Oggi mi
trovo in carcere e il mio cuore è molto triste, immagino di già che il giorno più bello per me lo
passerò in cella con il mio compagno, anche se è di un’altra religione spero di fare comunque una
bella festa, pensando ai miei cari che come me passeranno un Natale amaro, ma la vita va avanti e
spero di tornare quanto prima dalla mia famiglia.
A me piacerebbe in sezione andare a messa il giorno di Natale, poi dopo averlo organizzato fra
compagni di sventura, fare un pranzo tutti assieme in saletta.
Ma so già che questo non sarà possibile perché siamo in tanti, e tutti non la pensano come me,
comunque io ci provo!!!
Questo sarà un Natale molto amaro per me e i miei cari, ma soprattutto per mia nipote, ma sono
consapevole che dal male può nascere il bene, ed avrò altre occasioni di passare le feste con i miei
cari. Ringrazio la redazione di Ristretti Orizzonti per avermi introdotto in questo gruppo dove si
parla di tutto il buono che si può trarre in questo luogo e si impara a confrontaci per tirane fuori il
meglio da ognuno di noi. Grazie a tutti e buon Natale.
Gianni M.
Speravo in un Natale diverso per i miei cari, per me e per molti miei compagni
Mi presento, mi chiamo Fatmir e sono un ragazzo albanese di 31 anni e sono nella redazione di
Ristretti da qualche mese, ma in carcere ormai da otto anni.
Ho una moglie e un figlio di 11 anni che non vedo fisicamente da quasi un anno a causa della
distanza, perché loro vivono a Bolzano, a circa 300 km da Padova.
Quando c’è stata la sentenza della Corte Costituzionale inerente agli incontri intimi in carcere nel
mio cuore ho gioito, perché finalmente pensavo di poter riabbracciare in maniera quasi normale le
persone che amo. Invece, dopo dieci mesi non è successo nulla, passerò anche questo Natale nella
più completa solitudine. Ma la stessa cosa sarà per mia moglie e soprattutto per mio figlio.
Questo sistema infernale, che non vuole cambiare veramente, uccide a poco a poco i sentimenti e ti
fa crescere tanta rabbia dentro. Perché noi reclusi dobbiamo pagare due volte la carcerazione? Iospero che chi deve far partire questa iniziativa degli incontri intimi possa esser spinto dalla
“magia” del Natale e capire che per noi, ma soprattutto per i nostri cari, è molto dura la lontananza,
e non devono pagare anche loro.
Pensavo e speravo in un Natale diverso per loro, per me e per molti miei compagni di sezione ed
invece ancora una volta prevale l’indifferenza. Io capisco che ci sia indifferenza per chi ha fatto un
reato, ma i sentimenti delle famiglie non meritano di essere dimenticati.
Fatmir M
Natale senza tutto ma non senza la speranza…
Natale con… la gioia, la famiglia, l’allegria, i regali, chi ami. E invece no, sono qui a scrivere di
un ennesimo (il terzo) Natale senza…
Chi legge si chiederà “senza chi o senza cosa”. In realtà, se è un detenuto come me a scriverlo, è
un Natale senza tutto ciò che ho nominato.
Senza la GIOIA: per me la gioia era vedere il sorriso, gli occhi che si illuminano, la contentezza
delle persone con le quali fuori condividevo questo giorno, magari scambiandoci i regali; la gioia
dell’attesa che arrivi il Natale. Attesa che qui in carcere è infinita per ogni cosa: per un permesso,
per incontrare un parente, per parlare con il magistrato e soprattutto per il giorno dell’uscita.
Senza la FAMIGLIA: il Natale rappresenta la famiglia, e qui dentro è ciò che manca di più. Che
Natale può essere senza aver vicino chi ami? I figli che vorrebbero tanto averti accanto, ed invece,
con enormi sensi di colpa, non puoi accontentare per cui diventa una sofferenza per loro e per te.
Senza ALLEGRIA: una tavola imbandita, un albero pieno di regali, il presepe ricco di luci… tutte
cose che danno allegria e pace nel cuore. La pace di un cuore che qui dentro è costantemente ferito
e non riesce a trovare allegria. Puoi solo immaginare quella che possono avere i tuoi cari e che tu
qui puoi solo sfiorare.
Però un Natale non sarà mai senza… la SPERANZA. Speranza ovvia di uscire, speranza di una
nuova vita, e di tanta tanta serenità da donare a tutti quelli che ami e che con te stanno
attraversando questa tempesta. Le tempeste di neve natalizie portano qualcosa di Magico… Io
spero che questa magia entri nel cuore di chi sta vivendo qui tra queste fredde mura e possa portare
a ognuno di noi qualcosa di Speciale.
Mattia G.
Mi manca mio figlio, e non voglio arrivare tardi quando avrà bisogno di me
Il “Natale senza” è una cosa che mi fa pensare sempre a mio padre, che ora purtroppo non è più
con me a darmi consigli e aiutarmi nella vita di tutti i giorni.
Sono arrivato in Italia quando avevo circa 18 anni sperando in un lavoro, e con la motivazione di
aiutare la mia famiglia in Albania, prendendo il posto di mio papà che purtroppo si era ammalato.
Avevo trovato un lavoro e iniziavo a guadagnare dei soldi, cosa che mi avrebbe consentito di
prendere quel posto fondamentale di capofamiglia, e questo grazie ad alcuni miei parenti che
vivono in Italia.
Mio padre è morto e non sono stato capace di fare quello che mi ero ripromesso, ora sono una
persona matura, seria e soprattutto sono padre. Vorrei, appena finita la detenzione, prendermi cura
di ogni percorso di vita di mio figlio, aiutandolo, e soprattutto essere presente come mio padre fece
con me.
Il “Natale senza” per me è quella mancanza della mia famiglia, con la quale non vivo più ormai da
oltre dieci anni, ma soprattutto quella voglia di essere come mio padre.
Mi manca mio figlio, e spero solo di non arrivare tardi quando avrà bisogno di me.
Besim X.
Per mia sfortuna non sono nato né cresciuto in una famiglia gioiosa
Fin da bambino ho sempre amato il Natale! Però non ho mai avuto modo di avere un natale
“famigliare”, così come vedevo o come immaginavo che una famiglia normale potrebbe avere.
Per mia sfortuna non sono nato né cresciuto in una famiglia gioiosa, dall’età di 4 anni sono
cresciuto senza la mia mamma, con un papà presente, ma molto assente nello stesso tempo.
Ricordo che nella mia infanzia Babbo Natale è passato una sola volta, non per il fatto che io non
fossi un bambino bravo, ma soltanto per il fatto che ero dato sempre per scontato, come se esserebravo fosse la cosa più facile.
Nella mia vita ho odiato e amato tante cose, cosi come tantissime cose le ho date per scontate. Ma
il Natale mi piaceva! Mi trasmetteva quella meraviglia, quell’amore che a me mancava, una gioia
che nelle altre feste non riuscivo a cogliere.
Proprio per questo motivo quando avevo chiesto alla mia ex ragazza di sposarmi lo avevo fatto alla
vigilia di Natale! pensando che se il Natale mi rendeva felice, sicuramente rendeva felici anche gli
altri!
Nel 2016, una volta entrato in carcere, questa gioia del Natale spariva, non riuscivo più a cogliere
quella meraviglia e quell’amore che il Natale mi offriva, fino al 2023, quando ho incontrato una
persona speciale! Un’amica, un’amica come una sorella! che mi insegna a sognare ed a sorridere!
Arrivati sotto Natale, lei insieme a suo marito mi hanno fatto un regalo, un gesto d’affetto che ha
acceso in me quella luce, quel desiderio, l’armonia e la gioia del Natale!
Ormai sono adulto, ma a Natale mi sento ancora un bambino bisognoso di essere amato e
coccolato!
Credo che il senso del Natale sia di esprimere il fanciullino che c’è in ognuno di noi e la gioia di
sentirsi a casa e sentirsi amati! Per il semplice fatto che l’amore dura finché si continua ad amare.
Filip A.
L’impossibilità di dimostrare alla mia famiglia che posso prendermi cura di loro
Dopo tanti anni di sofferenza, incertezze e problemi, in quest’ultimo anno sono riuscito a fare
qualcosa che mi porta ad essere veramente consapevole di me e delle mie azioni. Probabilmente
negli anni precedenti, se qualcuno mi avesse formulato la domanda “Cos’è per te il Natale?”, avrei
elencato mille cose futili e materiali che avrebbero solo potuto brillare per compiacere qualcosa di
estremamente superficiale, le stesse cose che mi hanno portato in tutti questi anni ad entrare e
uscire dal carcere. Oggi, dopo un percorso che dura ormai da troppi anni, tra alti e bassi sto
cercando di avere quella profonda consapevolezza degli errori commessi e, guardandomi
attentamente davanti allo specchio della vita, capire esattamente chi sono e ciò che voglio.
Il carcere sa essere uno strumento duro e severo, che ti allontana da ogni affetto e amore, ha nei
suoi molti spazi bui grande sofferenza, in tante sere e notti cupe sa essere uno dei giudici più
crudeli che abbia mai incontrato e darmi una sentenza di “fallimento” senza poter essere difeso o
sperare in un altro grado di giudizio.
Penso alla mia famiglia, che purtroppo non vedo spesso, che prepara le luci, gli addobbi e tante
cose da mangiare, proprio come quando, dopo una giornata dura di lavoro, si rientrava a casa e mia
madre, dopo essere anche lei tornata dalla sua giornata faticosa, si prendeva cura di noi e con
amore guardava mio papà come se volesse rassicurarlo e ringraziarlo di aver provveduto a noi.
Proprio questo senso di amore e sacrificio è diventato per me una spada che mi trafigge l’anima, la
stessa che mi ha dato la forza e fatto sentire il dovere di migliorarmi e abbandonare la vita che
avevo condotto fino a quel momento.
Oggi posso dire che per me il “Natale senza” è quella mancanza di mia mamma, di mio papà e di
tutti i miei famigliari, ma soprattutto l’impossibilità di dimostrare che sono quella persona che può
prendersi cura di loro, una persona seria, affidabile, su cui poter contare, che è in grado di essere
quel valore aggiunto che, riportato dentro alla società, non è un pericolo ma una persona nuova.
Il “Natale senza” però è anche la mancanza in carcere di un percorso equo, di una giusta
valutazione che metta in evidenza le possibilità e la dignità di un uomo, che valorizzi ciò che è
riuscito ad imparare in un mondo pieno di pregiudizi. Ma quello che più di tutto vorrei è il regalo
di riuscire a essere il punto di riferimento delle persone più importanti della mia vita, la mia
famiglia.
Armando M.